Riportiamo, dal numero di novembre/dicembre di MG un’interessante riflessione di Daria Bosio presidente AIPV (Associazione Italiana Professionisti del Verde).
In Inghilterra i giardini vengono pensati, progettati e costruiti con il chiaro obiettivo di incentivare nuovi investimenti nell’economia locale. Ne è un esempio il RHS Garden Brigwater di Salford, nei pressi di Manchester, con spazi multifunzionali per i quali hanno collaborato paesaggisti, volontari, tecnici comunali e maestranze varie.
Il giardino è visto come “faro” attrattivo per nuovi investimenti economici ed allo stesso tempo promotore di ricadute positive attraverso la pratica giardinistica come attività che porta gioia, accessibile e rilevante per il benessere mentale, fisico e sociale della popolazione che ne fruirà.
La RHS (Royal Horticoltural Society) ha investito 35 milioni di sterline (più di 40 milioni di euro) con la previsione di generare tra dieci anni una quota di circa 13 milioni di sterline all’anno tradotti in posti di lavoro e indotto.
E in Italia? Regione Lombardia cerca di seguire questa nuova visione internazionale e approva una legge sull’agricoltura urbana, periurbana e metropolitana e sulle “vertical farm”.
Si pone sempre maggior attenzione al verde tecnologico, si guarda in alto, alla assenza di gravità, al tetto verde come componente vera e propria dell’edilizia sostenibile.
Pensare all’inclusione del verde come elemento primario nel ridisegnare tutti gli spazi delle città, anche quelli più piccoli, potrà fare la differenza tra una società regredente e una società progredita.
Prime fra tutte le aree verdi scolastiche, per esempio, che possano divenire veri luoghi di crescita extra scolastica, incentivando la ricerca e la formazione orticola e paesaggistica con conseguente accrescimento di competenze, conoscenze e istillando la fiducia di giovani e meno giovani nella concreta possibilità di crescere in modo sostenibile.
E ancora, penso alle case di cura e terapia (dall’housing sociale agli healing gardens, i giardini della terapia e del benessere) come elementi sempre più presenti all’interno dei nostri spazi urbani quale risposta efficace ad una popolazione sempre più longeva.
Di fatto, le nuove soglie della progettazione urbana dovranno in futuro necessariamente mirare a fornire servizi e supporto alla popolazione over 70, in particolare e alle fasce di popolazione “fragile”.
Non sarà un albero a cambiare il mondo (o forse sì, se pensiamo a tutto ciò che è conseguito dal frutto colto dall’albero di melo nel paradiso terrestre!), ma sarà il modo con cui lo gestiamo, curiamo e valorizziamo.
Tra pochi giorni aprirà il salone di Paysalia a Lione, esposizione internazionale del giardino e del paesaggio, ricca di approfondimenti tematici su città verdi, ambiente e biodiversità legati ali concetti di innovazione e formazione.
Il 2022 vedrà anche il ritorno di un evento internazionale, che ha cadenza decennale, Floriade expò: un’occasione di incontro e confronto tra oltre 40 paesi del mondo incentrato sul tema delle green cities.
Entro il 2050, circa il 68% della popolazione mondiale vivrà in città su appena il 2% della superficie terrestre. A conferma della sempre maggiore esigenza di ripensare all’ambiente urbano del futuro come elemento non solo in equilibrio con l’ambiente naturale bensì come occasione di autentica sinergia tra le figure professionali della filiera del verde.
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