SERVE UNA REGIA CENTRALE PER LE FIERE IN ITALIA
L’industria italiana delle fiere ha meglio reagito alla crisi economica rispetto a quanto fatto dall’industria del paese. Questo è quanto emerge dal rapporto redatto da CFI-Agenzia di Confindustria per le fiere, e presentato il 9 marzo scorso al Circolo della stampa di Milano. All’incontro, presenziato da Gian Domenico Auricchio, presidente CFI, e Franco Bianchi, segretario generale, sono intervenuti organizzatori di manifestazioni espositive in rappresentanza dei principali quartieri fieristici e settori che costituiscono il tessuto industriale del paese: dalla moda all’arredamento, dall’agroalimentare alla meccanica, dal bene strumentale al ciclo e motociclo, alla nautica. Accanto ai vertici di CFI si sono avvicendati negli interventi: Anton Francesco Albertoni, presidente Ucina-Confindustria Nautica, Guido Corbella, amministratore delegato Centrexpo/Ipack-Ima, Guglielmo Gandino, presidente Unacoma Service, Antonio Gavazzeni, presidente EMI, Carlo Guglielmi, presidente COSMIT, Giovanni Mantovani, direttore generale VeronaFiere, Alfredo Mariotti, segretario generale Federmacchine, Massimo Martinoli, consigliere Anci Servizi, Raffaello Napoleone, amministratore delegato Pitti Immagine, Costantino Ruggiero, direttore generale EICMA. E’ intervenuto inoltre Enrico Pazzali, amministratore delegato Fiera Milano.
Nelle relazioni introduttive del presidente Auricchio e del segretario generale di CFI, Franco Bianchi, sono stati presentati i numeri che il sistema fieristico italiano ha fatto registrare negli ultimi anni. Si tratta di numeri che, a seconda dell’interpretazione che si vuole dare fanno vedere un bicchiere mezzo pieno (se si considera la crisi generale sono numeri che dimostrano una certa reattività) oppure mezzo vuoto (perché comunque sono numeri che denunciano un calo a vari livelli). E’ emerso un quadro che vede un incremento delle fiere specializzate internazionali riservate all’operatore, a fronte di un calo delle manifestazioni aperte al pubblico.
Considerando solamente le mostre a carattere internazionale, nel quadriennio di riferimento (2007-2010), a fronte di un incremento del numero di eventi espositivi si è manifestata una riduzione degli spazi acquistati. Sceso da 4,7 milioni di metri quadrati (2007) a 4 milioni (stima 2010), lo spazio allestito a fiera è calato del 14,9% risentendo della crisi economica mondiale. Nettamente più contenuto, invece, il calo del numero di espositori coinvolti nelle mostre (passati da 89.846 nel 2007 a 82.000 stimati del 2010), risultato pari all’8,7%.
Relativamente ai visitatori, l’indicatore registra un calo abbastanza marcato, pari al 18,8% nel periodo di riferimento. Passati da 13.544.181 del 2007, il numero di visitatori stimato agli eventi del 2010 dovrebbe essere pari a 11.000.000.
Per un’analisi approfondita dei numeri e per avere la possibilità di visionare le tabelle e i grafici presentati, vi rimandiamo al numero di aprile della rivista MG.
Quello che invece sottolineiamo è un aspetto fondamentale, emerso un po’ in tutti gli interventi, e che determina l’impegno di CFI verso le fiere del futuro. “L’incremento nel numero delle manifestazioni internazionali in Italia – ha affermato Franco Bianchi – dimostra l’interesse e l’attrattività del paese confermando dunque il territorio come interessante area di trasformazione e consumo di beni. Occorre però considerare che il passaggio della competenza in materia fieristica alle regioni, così come previsto dalla modifica dell’articolo 117 della Costituzione, ha favorito l’attribuzione della qualifica in modo difforme, creando disomogeneità di valutazione”. Si tenga conto che secondo le direttive del coordinamento interregionale per le fiere, una manifestazione espositiva si definisce internazionale se il 15% degli espositori è straniero oppure se il 10% dei visitatori proviene dall’estero. Quote veramente un po’ troppo basse. In più bisogna ricordare come il passaggio di competenza dei quartieri fieristici alle Regioni abbia trasformato questi da Enti in Spa, dando così vita ad accese “guerre” per ottenere spazio o predominio fieristico in un determinato mercato.
“In ragione di ciò – ha sottolineato Gian Domenico Auricchio – ribadiamo la necessità di una cabina di regia centrale, sotto il coordinamento del ministero dello Sviluppo economico, in grado di regolare i comportamenti dei soggetti della filiera fieristica, in una logica reale di sistema, con l’obiettivo di razionalizzare il calendario degli eventi espositivi svolti sul territorio. Lo sviluppo di sinergie tra eventi espositivi così come l’attuazione di una politica di trasparenza delle tariffe fieristiche sono ormai iniziative imprescindibili per poter competere sul mercato globale”.
In sostanza se le fiere devono essere, come lo sono state in passato, un servizio al mercato e agli operatori, il libero mercato e la concorrenza tra i vari quartieri, grandi o piccoli che siano, non funziona: occorre una governance ministeriale che imposti e imponga alle fiere italiane di fare sistema.
Marzo 2010