Importanti aziende e distretti produttivi italiani sono in allarme per l’applicazione della normativa sui trattori specializzati. Costi insostenibili e benefici ambientali nulli. Per l’industria italiana dei trattori la ripresa economica rischia di bloccarsi sul nascere. I distretti produttivi sono in allarme perché la normativa comunitaria sulle emissioni dei motori per trattrici – di difficile applicazione dal punto di vista tecnico e insostenibile sotto il profilo economico – rischia di mettere fuori mercato un comparto della meccanica che costituisce da sempre una delle eccellenze del made in Italy.
Pensata per i grandi numeri dell’automotive, la normativa non tiene conto delle specificità dei trattori specializzati per i vigneti e i frutteti (i cosiddetti “trattori stretti”) che hanno caratteristiche ed esigenze funzionali del tutto particolari. Per applicare i nuovi dispositivi, che la Fase 4 della normativa prevede debbano essere messi in commercio dal 1 ottobre 2017, i trattori debbono infatti essere riprogettati dal punto di vista motoristico, e modificati nelle carrozzerie e nelle dimensioni, risultando così penalizzati per quanto riguarda la manovrabilità e la possibilità di operare tra i filari e nei frutteti.
Il costo per la trasformazione delle macchine – spiega Assotrattori, l’Associazione che in seno a FederUnacoma (Confindustria) rappresenta le aziende produttrici (tra le quali marchi prestigiosi come Agritalia, Antonio Carraro, Gruppo BCS, Goldoni, Landini, McCormick ed altri) – non può essere ammortizzato perché il mercato relativamente piccolo dei trattori stretti (in totale 20 mila macchine l’anno commercializzate in Europa) non consente economie di scala.
Il solo costo dei dispositivi post trattamento dei gas di scarico – aggiunge Assotrattori – comporta un aumento consistente del prezzo finale delle macchine che le rende inaccessibili per gli acquirenti e le condanna quindi a rimanere invendute.
I danni per i distretti industriali che producono trattori (ma anche attrezzature agricole abbinate e componentistica di settore) sarebbero irreparabili in termini economici e occupazionali. Le fabbriche localizzate in distretti della meccanica ad alta specializzazione come quelli di Milano, Padova, Reggio Emilia, Modena ed altri, che hanno molto investito in ricerca per affermare la propria leadership a livello internazionale, sarebbero messe in grave crisi da una normativa che si presenta inappropriata per la meccanica agricola, non tenendo peraltro conto delle esigenze operative degli agricoltori e dei contoterzisti.
Il comparto dei trattori, interessato dalla normativa, ha un giro d’affari di oltre 2 miliardi di euro (sui circa 8 miliardi complessivi della meccanica agricola), ed impegna circa 10 mila addetti fra dipendenti diretti e indotto (sugli oltre 100 mila del settore); dunque l’applicazione della normativa nei modi e nei tempi attualmente previsti rischia di avere effetti molto pesanti sul business e sull’occupazione.
La gravità della situazione è stata descritta da Assotrattori e FederUnacoma in sede comunitaria, dove è in pieno svolgimento l’iter di revisione del provvedimento sulle emissioni dei motori non stradali. Una prima proroga era stata concessa dalla Commissione nel 2011 – spiega Assotrattori – ed è servita per adeguare le macchine all’attuale Fase 3B; una nuova deroga darebbe, oggi, maggiore prospettiva ad un settore che è costretto ad inseguire i continui adeguamenti normativi, e che entro il 2020 sarà chiamato ad un ulteriore “step”, quello della Fase 5. Il giro di vite che queste normative sempre più vincolanti stanno dando al comparto dei trattori, e di quelli “stretti” in modo particolare, produce un paradosso: danneggia le imprese e nello stesso tempo, rendendo i trattori meno efficienti e più costosi, rallenta – anziché promuovere – qualsiasi processo di rinnovo del parco macchine, e quindi qualsiasi possibilità di miglioramento in senso ambientale.
14 aprile 2015
ROTTA DI NAVIGAZIONE:
GARDENING, IN RIPRESA IL MERCATO ITALIA