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Eventi e fiere

Expogreen non decolla

23 Settembre 2009

Expogreen, nato come “Salone internazionale delle macchine e delle attrezzature per il giardinaggio e le attività sportive”, quest’anno ha voluto stupire proponendosi come “Esposizione internazionale dell’Outdoor”. L’esperimento non ha funzionato.

EXPOGREEN NON DECOLLA

Essendo praticamente in contemporanea, il giorno dopo la nostra visita al Flormart di Padova, sabato 12 settembre siamo andati a Bologna all’Expogreen. Sottolineiamo questo aspetto perché la contemporaneità delle due manifestazioni forse andrebbe ripensata tenendo conto del fatto che gli operatori interessati non hanno il dono dell’ubiquità. Comunque veniamo a noi: come sappiamo Exogreen raccoglie l’eredità di quell’Eima Garden che si teneva all’interno della grande esposizione bolognese di macchine agricole e, dopo la prima edizione del 2007, in cui si è presentata al mercato come “Salone internazionale delle macchine e delle attrezzature per il giardinaggio e le attività sportive”, quest’anno ha voluto stupire cambiando completamente il proprio sottotitolo: “Esposizione internazionale dell’Outdoor”.

Bisognerebbe capire se il calo del 30%, annunciato dalla stessa organizzazione di Expogreen, degli espositori del settore macchine e atterezzature sia la causa o l’effetto di questo nuovo orientamento della manifestazione bolognese. Certo è che, al di là dei dati ufficiali diffusi (300 espositori per 60 mila metri quadrati, di cui 35 mila di area espositiva pura e 25 mila di area esterna. 27 mila visitatori, di cui 1.900 esteri e 3.200 consumatori privati), non ci è sembrato, durante la nostra visita, di cogliere motivi di entusiasmo. Al di là di tutto stiamo parlando di tre padiglioni, il 25, il 26 e il 36, dedicati alle macchine, il padiglione 35 che avrebbe dovuto ospitare l’Animal Show, ma che in realtà era animato quasi esclusivamente dalla Pro Plan Cup di Purina e un’area esterna francamente poco accattivante.

La sintesi finale, almeno per quelle che sono le reazioni che abbiamo raccolto aggirandoci tra i padiglioni e gli stand, è “scontenti molti, perplessi tutti”. D’altro canto il mondo del verde inteso come outdoor nella sua accezione più generale è enorme e difficilmente rappresentabile in una sola manifestazione, anche perché comprende mercati diversi, con canali distributivi diversi ed esigenze diverse. Un rivenditore di macchine, target di riferimento tradizionale dell’evento bolognese, difficilmente è interessato ai comparti del vivaismo o dell’arredo e viceversa un florovivaista, non è interessato alle macchine per il giardinaggio, che non può commercializzare per legge, se non a quelle che esso stesso utilizza. Tant’è che il comparto del florovivaismo ha la sua fiera, il Flormart di Padova e quello dell’arredo esterno la sua, il SUN di Rimini, per un totale di circa 2 mila espositori. Per quanto riguarda il settore del pet ci limitiamo a citare Zoomark con i suoi oltre 600 espositori.

Come potevano le 300 aziende di Expogreen coprire i “numerosi settori merceologici – come recita il comunicato stampa di apertura della fiera – da quello delle macchine e delle attrezzature a quelli degli arredi, dell’impiantistica sportiva, delle attrezzature per il tempo libero, del vivaismo e dell’agricoltura multifunzionale”. Settori che peraltro troviamo concentrati in uno solo dei canali distributivi che animano il complesso mercato dell’outdoor, cioè nei garden center, che tuttavia, essendo presenti in numero molto esiguo sul territorio nazionale (i più ottimisti stimano circa 300 punti vendita) , anche se fondamentali per lo sviluppo del mercato italiano del giardinaggio, non possono giustificare l’organizzazione di una fiera.

Detto questo ci chiediamo se non fosse stato meglio mantenere Expogreen come Salone internazionale delle macchine e delle attrezzature per il giardinaggio e le attività sportive, tenendo integra la propria identità, la propria tradizione e ponendosi e proponendosi come momento centrale per il confronto e lo sviluppo in funzione del superamento della crisi in atto. Certamente sarebbe stato un Expogreen di dimensioni più ridotte, ma avrebbe espresso un mercato in tutta la sua realtà del momento, avendo peraltro la possibilità di convogliare energie e risorse per dare un contributo al settore.

Ma questa scelta di gigantismo e l’inevitabile scelta di dichiarare guerra alle altre manifestazioni fieristiche del settore, quali radici ha? Ce lo ha spiegato Guglielmo Gandino, amministratore delegato di Unacoma Service, durante la conferenza stampa del 3 febbraio 2009.

“E’ importante sottolineare – ha spiegato Gandino – che, come nostra consuetudine, ci siamo prima di tutto rivolti al mercato per capire meglio quello che il mercato si aspetta da noi. Abbiamo commissionato uno studio alla Lexis di Paolo Montagnini e Giovanni Rizzi, indiscussa autorità in materia di giardinaggio e outdoor, per capire più precisamente, e più scientificamente, quali fossero le attese dei clienti. L’analisi è stata effettuata attraverso una serie di interviste, rivolte a produttori e al trade di tutto l’outdoor, inteso in senso ampio. Sono state intervistate un centinaio di aziende primarie che, in estrema sintesi, hanno offerto i seguenti commenti per quanto concerne la “value proposition”:
1. ExpoGreen deve essere il punto di riferimento unico dell’outdoor;
2. ExpoGreen non può essere soltanto la rassegna specializzata della meccanizzazione per il garden;
3. occorre dare più visibilità al verde e alla “cura del verde”, e cioè ad ambiti come prato e prodotti per la gestione e il mantenimento del manto erboso privato e sportivo;
4. occorre dare più risalto all’architettura del verde, ove il giardino è visto come estensione della casa, dove sono presenti anche arredamenti, barbecue, piscine, eccetera;
5. più spazio deve essere offerto all’ambiente domestico, quindi anche ai “pet”.

Ecco spiegato l’arcano.

Settembre 2009

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