Con la chiusura dell’ex Ilva di Taranto a farne le spese sarebbero anche i costruttori di macchine agricole: un settore che è un grande utilizzatore di acciaio e che è strategico per l’industria italiana, alla luce del valore alla produzione di 7,9 miliardi di euro.
Per il numero uno di FederUnacoma, Malavolti, “visto che la produzione di macchine e mezzi agricoli è molto consistente e la componentistica di acciaio pesa per il 65-70%, di cui il 30% circa è rappresentato dagli acciai cosiddetti piani, che potrebbero provenire dall’Ilva di Taranto, prevediamo conseguenze speculative sui prezzi, con una turbativa di mercato di almeno due o tre mesi e con forti oscillazioni di prezzo“.
“Non avremo nell’immediato una carenza di prodotto – continua Malavolti -, però, perché il mercato sta un po’ risentendo della crisi e dunque la disponibilità di acciai c’è, anche a livello di stock. Però è ipotizzabile un incremento dei prezzi nell’ordine del 10-15% a livello italiano, con minori influenze a livello europeo. Ormai l’acciaio è diventato un prodotto che è entrato massicciamente nelle politiche internazionali, si produce e si utilizza tendenzialmente a livello continentale: quello cinese resta in Cina, quello americano negli Stati Uniti, quello russo in Russia e quello europeo in Europa“.
Gli effetti sul mercato dopo i 2-3 mesi di rally “li vedremo quando ripartirà il mercato delle macchine agricole, presumibilmente nel secondo trimestre del 2020; intanto, noi potremmo perdere quasi un decimo della produzione europea, con la chiusura dell’Ilva di Taranto. Alternative all’Ilva, naturalmente, ce ne sono, però se dovesse finire la vicenda con la chiusura dello stabilimento, ci ritroveremmo senza più acciaio italiano, a parte Arvedi o Tenaris“.
Quali soluzioni potrebbe suggerire FederUnacoma?
“A questo punto – afferma Malavolti – penso che l’unico modo per salvare la faccia sia nazionalizzarla, anche se personalmente, da privato cittadino che paga le tasse, non sarei contento nemmeno un po’. Ma è meglio salvarla e poi privatizzarla, che chiudere“.
Quanto al mercato delle macchine agricole, come anticipato, per il presidente di FederUnacoma “le previsioni sono di ripresa dal secondo trimestre 2020. In questa fase stiamo attraversando un momento di de-stocking, i costruttori e la rete distributiva vogliono alleggerirsi un po’, per problematiche non tanto di mercato, quanto di paure internazionali, di Brexit, di vuoti che si vivono e dei quali leggiamo quotidianamente sul giornale. Lo scenario agricolo, di per sé, non sta attraversando una fase negativa: il latte può contare su buoni prezzi, il vino va bene, i cereali hanno registrati prezzi superiori all’anno scorso; la frutta, invece, in alcune regioni del Nord Italia ha avuto gravi danni con la cimice asiatica, ma nel complesso il 2019 è stato un anno positivo“.
La chiusura dell’Ilva di Taranto avrà effetti sui listini dei trattori e dei mezzi agricoli?
“No – assicura Malavolti –. Noi e la filiera tamponeremo eventuali aumenti del costo dell’acciaio senza ribaltarli sui prezzi delle macchine agricole, anche perché i nostri concorrenti esteri non li subiranno e non possiamo rischiare di andare fuori mercato. Li fronteggeremo all’interno della nostra catena“.
I commercianti di macchine agricole.
“Il caso ex Ilva non preoccupa, almeno nel medio termine, con riferimento a eventuali ripercussioni di prezzi nel settore delle macchine agricole – tranquillizza Roberto Rinaldin, presidente di Unacma, l’Unione nazionale dei commercianti di macchine agricole -. Piuttosto, consideriamo la situazione attuale una mera strategia speculativa che grava sul tessuto socio-economico di una regione che stenta a crescere nel settore agricolo, seppure sia importante almeno tanto quanto quello industriale. Questo è un aspetto che impensierisce“.
A preoccupare è anche “la svendita di competenze acquisite dalle nostre risorse umane a player di altri paesi che riescono giocoforza a bruciare tappe di crescita – commenta Rinaldin –. È altresì evidente che stiamo parlando di una tappa conclusiva di una strategia programmata fin da troppo tempo e che combattere ora sembra inutile“.
26 novembre 2019
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